Astrolabio Ubaldini: Civiltà dell'Oriente
N?g?rjuna. Un'introduzione alla filosofia della Via di mezzo
di Jan Westerhoff
Libro: Copertina morbida
editore: Astrolabio Ubaldini
anno edizione: 2022
pagine: 318
Il filosofo indiano N?g?rjuna, vissuto probabilmente nel II secolo d. C. nel Deccan orientale, è stato uno dei più grandi pensatori nella storia della filosofia dell'Asia e il fondatore della scuola Madhyamaka (Via di mezzo). Considerato tra gli iniziatori del buddhismo mah?y?na, ha elaborato filosoficamente il concetto della 'vacuità' (??nyat?) di tutti i fenomeni, essenziale nei testi della Prajn?p?ramit?, la più antica letteratura mah?y?na. N?g?rjuna si considera il difensore di una visione ben precisa, definendosi con l'espressione ??nyat?v?din, 'colui che segue la posizione della vacuità'. Per un esponente del Madhyamaka, il senso principale dell'affermazione di essere un seguace della 'Via di mezzo' è per eccellenza la comprensione della vacuità come termine mediano tra eternalismo e nichilismo. Tutte le cose sono prive di un'esistenza propria, sono quindi esistenti secondari, costruzioni concettuali derivanti da cause e condizioni originate in modo dipendente. Non vi è nulla che non sia una mera costruzione concettuale. In linea con la tradizione buddhista, il pensatore indiano rifiuta anche la concezione di un sé individuale definito come una sostanza, un fattore unificante della vita mentale che è immutabile, distinto dal corpo e dagli stati psicologici. Sono inoltre presentati e discussi temi quali la causalità, il movimento, l'epistemologia e il linguaggio. Finora gran parte delle pubblicazioni su N?g?rjuna ha affrontato gli aspetti filologici, storici o religiosi delle sue opere; questo testo si propone invece di analizzare l'aspetto filosofico dei suoi insegnamenti, esaminare le reali e possibili obiezioni alle sue posizioni, valutare quali argomentazioni sono valide e possono essere sostenute, e a quali conclusioni filosofiche si arriva. La solidità delle affermazioni di N?g?rjuna è messa alla prova e le sue riflessioni sono intese come un progetto filosofico unitario, i cui diversi elementi sono connessi in modo non sempre evidente. N?g?rjuna è innanzitutto un pensatore profondo e la sua filosofia costituisce un motivo di interesse universalmente valido. Westerhoff descrive accuratamente il suo pensiero e lo rende accessibile anche a chi abbia poca o nessuna dimestichezza con la filosofia indiana.
Meditare con Sri Nisargadatta. I discorsi originali in marathi
di Jayashri Gaitonde
Libro: Copertina morbida
editore: Astrolabio Ubaldini
anno edizione: 2021
pagine: 256
In un'epoca in cui non esisteva la possibilità di registrare i discorsi di Nisargadatta, un ruolo di fondamentale importanza ebbero le persone che si occuparono di trascrivere le parole del Maharaj. Per circa vent'anni Nisargadatta parlò quasi tutti i giorni ai suoi discepoli presso la sua casa, divenuta il suo ashram, e Jayashri Gaitonde, assieme al marito Mohan, non mancò mai a un incontro. Colpita profondamente dalla forza penetrante di quelle parole, iniziò ad annotarle, portando avanti per anni un instancabile lavoro di trascrizione. Dopo la morte del maestro, riportò quegli appunti su un quaderno e si rese conto di aver raccolto un materiale di inestimabile valore. Il ruolo di discepoli come Mohan e Jayashri Gaitonde fu determinante anche per la diffusione dell'insegnamento Advaita Vedanta di Nisargadatta al di fuori dell'India. Inizialmente, poiché Nisargadatta parlava esclusivamente in marathi, ad assistere erano solo visitatori indiani. Fu il Maharaj stesso a chiedere a Jayashri e Mohan Gaitonde di tradurre le sue parole in inglese, in simultanea, non appena cominciarono a giungere all'ashram discepoli stranieri. L'ignoranza, spiegava il Maharaj, dipende dall'accettazione passiva di una conoscenza errata: con le sue parole cercava di eliminare quell'ostacolo in modo che la verità potesse riemergere. Bisognava solo ascoltare nel modo giusto: non c'era bisogno d'altro, nemmeno di pratiche o rituali. L'unica cosa che voleva dai suoi ascoltatori era che si liberassero totalmente dell'ignoranza, e offriva loro tutta la sua conoscenza, senza riserve. Secondo Jayashri Gaitonde, il beneficio che si può trarre ancora oggi dalla lettura delle parole di Nisargadatta dipende solo dalla propria fede e concentrazione: esse hanno una forza tale da poter trasformare chi le legge.
Osserva da vicino. Le quattro applicazioni della presenza mentale
di B. Alan Wallace
Libro: Copertina morbida
editore: Astrolabio Ubaldini
anno edizione: 2021
pagine: 304
Le quattro applicazioni della presenza mentale sono al centro degli insegnamenti di base del Buddha sulla coltivazione della visione profonda (vipa?yan?). Egli le descrive come un sentiero diretto in grado di condurre immediatamente alla liberazione, alla guarigione totale e irreversibile di tutte le afflizioni mentali. Il Buddha formulò le quattro applicazioni strette della presenza mentale come un antidoto ai quattro fraintendimenti abituali che generano sofferenza nella vita di ogni giorno: confondere l'aggregazione dei fenomeni fisici e mentali che chiamiamo 'corpo' con la dimora di un sé reale; scambiare per vera felicità i sentimenti suscitati dalle apparenze fenomeniche; considerare la mente come un sé reale; prendere le apparenze fenomeniche per oggetti reali. Una vita basata su questi comuni fraintendimenti alimenta inconsapevolmente un circolo vizioso di sofferenza. Al contrario, un'attenta presenza mentale al corpo, ai sentimenti, agli eventi mentali e a tutti i fenomeni permette di osservare con chiarezza sempre maggiore la vera natura di queste cose, e di scoprire che sono illusorie, non reali, mere designazioni del linguaggio. La capacità di coltivare e sostenere la presenza mentale offre profondi e indiscussi benefici nella vita di tutti i giorni. In questo libro le quattro applicazioni della presenza mentale riguardanti il corpo, i sentimenti, gli eventi mentali e i fenomeni vengono analizzate singolarmente e corredate di un cospicuo numero di meditazioni guidate. Grazie alla sua esperienza come monaco, come studioso e come contemplativo, Wallace offre al lettore una sintesi particolarmente efficace di un'ampia gamma di pratiche provenienti dalle tradizioni buddhiste theravada, mahayana e dzogchen. Un testo adatto anche a chi si avvicina per la prima volta a queste potenti meditazioni trasformative.
Alla ricerca della mente. Testi del buddhismo chán cinese di epoca Tang
di Aldo Tollini
Libro: Copertina morbida
editore: Astrolabio Ubaldini
anno edizione: 2021
pagine: 316
Il buddhismo chán si sviluppò fra l'inizio del VII e i primi anni del X secolo, un'epoca particolarmente originale e creativa nella quale furono prodotti testi di ineguagliata profondità. Questo volume presenta la traduzione di una selezione di brani rappresentativi del periodo, corredati dagli originali in cinese, insieme a una ricostruzione della nascita e delle evoluzioni della scuola, utile a inquadrare i testi nella loro dimensione storico-religiosa. La 'ricerca della mente', tema ricorrente degli scritti, coincide con il perseguimento dell'illuminazione; 'trovare' la mente equivale a trovare l'illuminazione. Ma il percorso verso l'illuminazione, o la realizzazione, il perfezionamento spirituale che sfocia nella saggezza, non è un andare verso un luogo o una dimensione altra, bensì un ritornare, un viaggio a ritroso verso il luogo originale da cui l'essere umano è partito. La concezione fondamentale che permette di comprendere questo atteggiamento è che l'essere umano, ma in senso più ampio tutta la realtà, è originariamente illuminato. L'illuminazione quindi sarebbe già data, e nel corso della vita, a causa delle contaminazioni che si accumulano, verrebbe oscurata e dimenticata, pur rimanendo pura nella sua essenza. Riportarla alla luce e far sì che splenda incontaminata come in origine è il percorso di autoconsapevolezza che i seguaci della Via debbono intraprendere. Da qui discende la visione della pratica, ovvero l'abbandono del proprio sé contaminato. La comprensione improvvisa che porta all'illuminazione non può che essere intuitiva e non razionale, un insight dentro la propria natura che fa riscoprire la mente originaria. Lungo questo percorso traspare l'insistenza su un atteggiamento di non coinvolgimento, di ritiro dal mondo e di acquietamento delle passioni, che pur derivando dall'insegnamento buddhista, trova un solido sostegno nelle dottrine autoctone del daoismo, cui spesso si fa riferimento.
Scienza e filosofia nei classici buddhisti indiani. Volume 1
di Gyatso Tenzin (Dalai Lama)
Libro: Copertina morbida
editore: Astrolabio Ubaldini
anno edizione: 2021
pagine: 490
Da oltre un millennio le scoperte dell'India classica sono una risorsa di vitale importanza per il popolo tibetano, e la scienza buddhista e le sue intuizioni continuano ad avere una grande rilevanza anche per noi e per il nostro tempo. Questo è il primo di quattro volumi concepiti e introdotti dal Dalai Lama, un'opera che costituisce un compendio delle indagini scientifiche e filosofiche del buddhismo indiano sulla natura della realtà. Thupten Jinpa, studioso tibetano di scienze religiose e di filosofia orientale e occidentale, curatore della serie, muove da queste considerazioni: "L'attuale disciplina della storia delle idee, specialmente la storia della scienza, è innegabilmente eurocentrica e l'attenzione che viene dedicata alle civiltà al di fuori del mondo occidentale è ancora modesta. Questo volume documenta chiaramente la sofisticata tradizione di pensiero scientifico dell'India, con le sue indagini sulla teoria atomica, la relatività del tempo, il concetto di universi multipli, lo sviluppo embrionale, la funzione del cervello e i microrganismi all'interno del corpo umano". Questo lavoro apre una preziosa possibilità di accedere alle analisi e ai grandi risultati conseguiti dalle ricerche scientifiche e filosofiche del buddhismo indiano, offrendo così validi spunti per instaurare un confronto interculturale più completo tra il pensiero scientifico dell'India classica e l'Occidente. Prefazioni di Thupten Jinpa, Ian Coghlan, Fabrizio Pallotti e Angelo Gemignani. Introduzione di Sua Santità il Dalai Lama.
Gli yoga tibetani del sonno. Illuminare la vita attraverso il sogno lucido
di Andrew Holecek
Libro: Copertina morbida
editore: Astrolabio Ubaldini
anno edizione: 2020
Il buddhismo tibetano ha esplorato gli stati di coscienza del sogno e del sonno per più di mille anni, con l'intento esplicito di comprendere a fondo la vita e la morte. Il sogno e il sonno svolgono un ruolo rilevante nel sentiero della crescita psicologica e spirituale, e possono essere usati come veicolo di liberazione e risveglio. È quanto rivela la preziosa tradizione filosofica e spirituale degli yoga tibetani, qui presentata e arricchita con le intuizioni e i metodi della moderna disciplina occidentale sul sogno lucido, la capacità di destarsi e rimanere pienamente coscienti all'interno di un sogno. Dapprima sono illustrate in modo semplice e accessibile le tecniche occidentali moderne e le tecniche orientali tradizionali per suscitare l'esperienza del sogno lucido. Attraverso queste pratiche e la coltivazione di alcune basilari meditazioni diurne, come la presenza mentale e la 'forma illusoria', il sogno lucido diventa un'adeguata introduzione all'esperienza dello yoga del sogno, l'unione con gli aspetti più profondi del sé. Le fasi dello yoga del sogno si dirigono al cuore dei luoghi più profondi e oscuri del nostro essere, agendo in modo diretto sull''ignoranza', o sonno spirituale, che è alla radice del dolore dell'esistenza. In definitiva, il punto d'arrivo di tutte queste pratiche e della visione buddhista che le sottende è il risveglio dall'illusione che crea il samsara, il mondo convenzionale pieno di insoddisfazione e sofferenza, e il conseguimento del nirvana, l'illuminazione. Prefazione di Stephen LaBerge.
Il maestro zen Yunmen. La vita e i detti essenziali
di Urs App
Libro: Copertina morbida
editore: Astrolabio Ubaldini
anno edizione: 2020
pagine: 214
Ai piedi del monte 'Porta delle nuvole' (Yunmen-shan), nella Cina meridionale, sorge un monastero fondato più di mille anni fa dal monaco chan Yunmen, che divenne famoso come 'il maestro del monte Yunmen'. Yunmen Wenyan (864-949 circa) visse durante la tarda epoca Tang, il periodo classico dello zen cinese: un'epoca in cui avvenne un importante cambiamento nel rapporto tra maestro e discepolo. Invece di limitarsi a ripetere e commentare le parole del Buddha, i maestri stessi cominciarono a parlare, dimostrando l'insegnamento con l'azione: scherzando, raccontando aneddoti e parlando in gergo, senza farsi scrupolo di utilizzare il bastone e imprecare, in quello che diverrà lo stile tipico dello zen. Si dice che Yunmen avesse una memoria straordinaria e che fin da bambino fosse capace di ricordare interi testi buddhisti avendoli letti solo una volta. Dopo aver preso i precetti studiò con Muzhou e con Xuefeng, e insegnò a sua volta per trent'anni: nel 923 diede il via alla costruzione del monastero presso il monte Yunmen. Rimangono oggi due lastre di pietra dell'originaria struttura, le cui iscrizioni sono la fonte più importante per la biografia del maestro. I detti di Yunmen sono stati e sono tuttora fonte di ispirazione per generazioni di studenti dello zen cinese, giapponese e coreano. Urs App offre qui un'ampia selezione dai suoi discorsi e dialoghi, traducendoli per la prima volta a partire dalla "Raccolta di Yunmen", redatta nel corso di diversi secoli sulla base delle note dei suoi studenti; la raccolta fa parte di una più vasta antologia intitolata "Raccolta dei detti dei saggi antichi", del 1267. Arricchisce la selezione una lunga parte introduttiva, in cui App non solo illustra la vita e l'insegnamento di Yunmen, ma fornisce al lettore un quadro estremamente chiaro e approfondito del chan, progenitore cinese dello zen.
Mindfulness e insight. Il metodo Mah?si
di Mahasi Sayadaw
Libro: Copertina morbida
editore: Astrolabio Ubaldini
anno edizione: 2020
pagine: 256
Non un manuale in base al quale misurare il proprio livello di pratica, ma un metodo per sondare in profondità, passo dopo passo, la realtà dell'esperienza umana: è il materiale prezioso qui proposto dal grande erudito Mah?si Sayadaw, tra gli storici maestri di meditazione attraverso cui il buddhismo cominciò a diffondersi in Occidente. Fondatore nel 1949 del Mah?si Meditation Center a Yangon, in Birmania, ebbe un ruolo fondamentale nell'apertura della pratica meditativa ai laici e alle donne: nel suo centro si radunarono centinaia di allievi, laici e monaci, birmani e stranieri, che si dedicavano per periodi intensivi alla pratica della meditazione di visione profonda fondata sulla stabilità della presenza mentale (satipa??h?na vipassan?). Il metodo di Mah?si Sayadaw si distingue per la semplicità delle istruzioni, che lo rendono adatto anche a chi non dispone di una vasta conoscenza dottrinale degli insegnamenti del Buddha, e per la dettagliata chiarezza con cui insegna a monitorare la continuità della presenza mentale e il grado di concentrazione necessario a sviluppare la visione profonda. Vengono esaminati tutti i passaggi più importanti del cammino: vedere la correlazione tra corpo e mente; osservare la verità del cambiamento che si produce quando si nota il sorgere di sensazioni, pensieri ed emozioni; prendere atto della natura effimera di ogni cosa che viene vista, così come di chi la guarda; scoprire che non c'è nulla su cui contare, con tutta la paura e lo sconforto che ne segue; ed emergere infine nella vasta pace dell'equanimità. In Mah?si Sayadaw, conoscitore profondo al tempo stesso della dottrina e della pratica buddhista, il riferimento ai testi canonici è costante: oltre ad essere autore di molti scritti in lingua pali e birmana, fu supervisore di un'autorevole edizione del Canone p??i, completa di commentari principali e secondari, ancora oggi ampiamente in uso e tenuta nella massima considerazione in tutto il mondo del buddhismo therav?da. Prefazione di Sharon Salzberg. Introduzione di Steve Armstrong.
Jo Mo. Donne e realizzazione spirituale in Tibet
di Carla Gianotti
Libro: Copertina morbida
editore: Astrolabio Ubaldini
anno edizione: 2020
pagine: 206
In continuazione ideale con il volume "Donne di illuminazione", pubblicato dall'autrice in questa stessa collana, vengono qui tradotte per la prima volta dall'originale tibetano le brevi agiografie di ventiquattro jo mo, contenute in un testo non posteriore al XIII secolo intitolato "Storia delle ventiquattro jo mo". Discepole del noto maestro buddhista tantrico indiano Dampa Sangye (morto nel 1117), queste ventiquattro venerabili ebbero un posto particolare nella cerchia di discepoli e discepole che il maestro raccolse attorno a sé nel Tibet meridionale. Se pure nella tradizione buddhista tibetana il termine non indica un particolare stadio di ottenimenti spirituali, molte di queste jo mo furono adepte straordinarie, che condussero una vita di profonda devozione e preghiera, lontane dal mondo e dissimulando la loro vera identità. Dall'agiografia dedicata al maestro Dampa, poi, ci sono pervenuti alcuni 'canti spirituali' o 'canti di realizzazione' di particolare bellezza e finezza poetica, attribuiti a tre jo mo sue discepole, unitamente ad alcune istruzioni spirituali del maestro alle sue 'figlie del cuore'. Come scrive il bodhisattva Kunga, il discepolo di Dampa che avrebbe ricevuto direttamente dal maestro l'incarico di compilare la raccolta, "la Storia delle ventiquattro jo mo è un racconto assolutamente autentico, scritto come messaggio per le donne delle future generazioni". Tale messaggio assume una valenza particolarmente significativa se contestualizzato nell'orizzonte sociale e religioso in cui si dipanano le narrazioni delle jo mo: quello di una cultura che non ha tramandato, se non in rari casi, il sapere delle donne devote, e che dunque non ha purtroppo saputo fare memoria dell'esperienza delle donne per produrre tradizione spirituale. Solitamente chi non ha voce, non ha storia: la parola e la memoria sono un privilegio. Grazie a questi testi un'esile eco è giunta fino a noi, in margine.
Milarepa. Lezioni dalla vita e dai canti del grande yogin tibetano
di Chögyam Trungpa
Libro: Copertina morbida
editore: Astrolabio Ubaldini
anno edizione: 2020
pagine: 304
Quella del grande yogin tibetano Milarepa (1052-1135) è una storia profondamente umana, paradigmatica della grande trasformazione che può compiersi grazie a una pratica autentica e all'incontro con un vero maestro. Milarepa non ebbe una vita facile: da bambino fu defraudato dei suoi beni dai parenti e subì ogni sorta di soprusi. Su istigazione della madre commise crimini terribili, ma la vendetta non gli diede alcuna gioia e lo rese un reietto agli occhi degli abitanti del villaggio. Dopo molti sacrifici riuscì a farsi accettare come discepolo da Marpa, che, spingendolo al limite e mettendolo continuamente alla prova, seppe guidarlo verso il risveglio. Dopo aver abbracciato la vita ascetica, raccolse intorno a sé molti studenti e cominciò a impartire insegnamenti spontanei a chiunque si recasse nel suo eremo, sotto forma di parole e di canti: quinto detentore del lignaggio kagyü (noto anche come Mah?mudr?), fu il primo ad aver studiato, praticato e insegnato unicamente in Tibet tale tradizione. Come Marpa aveva avuto un ruolo fondamentale nel trapiantare una tradizione indiana nel contesto tibetano, così Trungpa Rinpoche fu pioniere nell'introdurre gli insegnamenti della tradizione kagyü nel contesto moderno occidentale, nel corso degli anni settanta del Novecento. L'uso di un linguaggio colloquiale e la traduzione in inglese di testi e liturgie divennero i tratti caratteristici del suo approccio all'insegnamento: questo libro, basato su una serie di seminari tenuti tra il 1970 e il 1976, restituisce al lettore tutta la freschezza e l'intensità delle sue parole. Diviso in due parti, raccoglie nella prima parte i discorsi sulla vita, il lignaggio, la devozione, la pratica del ritiro e la Mah?mudr?; nella seconda i commenti di Trungpa ad alcuni canti di Milarepa.
Il monaco errante. Un viaggio nei bardo del vivere e del morire
di Yongey (Rinpoche) Mingyur, Helen Tworkov
Libro: Copertina morbida
editore: Astrolabio Ubaldini
anno edizione: 2019
pagine: 274
Una sera di giugno del 2011 Mingyur Rinpoche si allontana dal suo monastero di Bodh Gaya senza avvisare nessuno. Lascia soltanto una lettera, destinata ai suoi studenti e al suo anziano assistente, Lama Soto. "Quando leggerai questa lettera, avrò già iniziato il lungo ritiro che l'anno scorso avevo annunciato di voler intraprendere. Come forse saprai, sono sempre stato affascinato dall'usanza dei ritiri, fin da quando ero un ragazzino e vivevo alle pendici dell'Himalaya. Anche se non sapevo ancora meditare, spesso scappavo da casa e mi nascondevo in una grotta nelle vicinanze, dove mi sedevo in silenzio e recitavo mentalmente il mantra om mani padme hum. Anche allora sentivo il richiamo dell'amore per le montagne e per la vita austera degli asceti erranti". Ha così inizio un vagabondaggio che durerà quattro anni, nei quali Mingyur si confronterà per la prima volta con il mondo esterno senza godere degli onori riservati a un monaco della sua levatura. Dismettere i panni tradizionali per indossare quelli del sa-dhu non sarà semplice, ma permetterà al vagabondo di entrare in contatto con i sei bardo, le tappe del viaggio fra la vita e la morte, consentendogli di riconoscere con sempre maggiore chiarezza la realtà incondizionata. Una comprensione che passerà anche attraverso il corpo, segnato dagli stenti. Infatti, solo lasciando andare le false speranze che inducono a desiderare di essere a proprio agio nel corpo e nel mondo si può superare l'insoddisfazione e sostituire il desiderio con l'amore. E, come afferma Mingyur, "quando ami il mondo, anche il mondo ti ama". Per la comprensione però la pratica è fondamentale, e questo libro è un invito a coltivare i semi dell'illuminazione, a rendere fertile il campo della consapevolezza, permettendo ai livelli più profondi della saggezza di fiorire.
Fuoco bianco. Intuizioni e insegnamenti di un maestro advaita
di Mooji
Libro: Copertina morbida
editore: Astrolabio Ubaldini
anno edizione: 2019
pagine: 318
Ogni brano rappresenta un'indicazione pratica che riporta la mente al silenzio, alla sua origine. Il testo nasce dalla trasmissione orale da maestro a studente, ma è stato poi rielaborato e curato da Mooji stesso, e riccamente illustrato con le sue pitture a china, per cui reca fin nei particolari l'immediatezza, l'efficacia, l'imprevedibilità e persino l'incongruità che si addicono all'armonia totale del risveglio. E quello spazio di calma, affetto incondizionato e comprensione lucida e vigile, che questi aforismi rendono evidente, non rimane una descrizione di qualcosa di lontano o irraggiungibile, ma diventa un'esperienza diretta per chi legge. Sia i detti brevi che i brani più lunghi portano i lettori assetati di verità alla stessa destinazione, cioè al riconoscimento della consapevolezza pura, della realtà assoluta, dell'essenza profonda di ogni essere vivente e di ogni universo. Questa comprensione sprigiona la pace, l'amore, l'appagamento e la felicità, che sono la meta di ogni ricercatore dello spirito.