Libri di Patrick Leigh Fermor
I violini di Saint Jacques. Un racconto delle Antille
di Patrick Leigh Fermor
Libro: Libro in brossura
editore: Adelphi
anno edizione: 2023
pagine: 129
Una misteriosa mademoiselle settantenne che fuma e dipinge nella luce meridiana degli uliveti di Mitilene, e un quadro raffigurante un’isola caraibica introvabile sulle mappe: nasce da qui, come un’ecfrasi, il racconto che richiama in vita Saint-Jacques des Alizés e la ricolloca al suo posto nelle Antille, «infilata come una perlina sul sessantunesimo meridiano». Ascolteremo dunque Berthe de Rennes rievocare quel piccolo mondo sospeso in cui l’aristocrazia coloniale creola trascorreva la fin de siècle fra gite in carrozza, picnic sui fianchi del vulcano, cacce, duelli e feste. Su Saint-Jacques – dove Berthe nutre segretamente qualcosa di più che un’amicizia per la figlia del conte de Serindan suo cugino, bonario signore feudale – incombe però un destino sconvolgente, che si compirà proprio durante il gran ballo del Mardi Gras, organizzato dal conte senza risparmio di musica, delizie e sorprese. Se i libri di viaggio di Fermor si leggono come romanzi, questa novella ha tutta l’esuberanza descrittiva dei suoi inarrivabili travelogues: la trama melodrammatica (non a caso nel 1966 ne è stata tratta un’opera lirica) si dipana su sfondi disegnati con la consueta accuratezza visiva, e con il medesimo amore per il dettaglio rivelatore, il genius loci e i suoi riverberi letterari. E ci ritroveremo, nelle memorabili scene del carnevale antillano, circondati – come la fattucchiera Maman Zélie e il Re Diavolo suo compare – da un vortice di percussionisti scatenati, guitti in groppa a dragoni di carta, zombi, pipistrelli e domino danzanti. Fino alle febbrili sequenze finali, nelle quali riviviamo con Berthe, attimo per attimo, la notte fatidica di cui resterà la sola, attonita testimone.
Mani. Viaggi nel Peloponneso
di Patrick Leigh Fermor
Libro: Libro in brossura
editore: Adelphi
anno edizione: 2006
pagine: 394
Patrick Leigh Fermor è la massima approssimazione all'archetipo del viaggiatore di cui disponga il nostro mondo. E il suo libro esemplare è dedicato a un luogo: Mani – così si chiama un dito del Peloponneso, magnifica e strana propaggine che si distacca dal resto della Grecia per la sua natura aspra e allucinatoria e per la sua storica inaccessibilità. Quasi sempre a piedi, e per anni (come il suo grande amico, Bruce Chatwin), Leigh Fermor ha percorso la parte estrema del Peloponneso, descrivendone i paesaggi fascinosi, quasi lunari, facendone rivivere, con vena felice di narratore, storie, leggende e personaggi, insegnandoci a viaggiare simultaneamente nel tempo e nello spazio, e trasmettendoci un germe benefico: quello del nomadismo.
Rumelia. Verso la Grecia del Nord
di Patrick Leigh Fermor
Libro: Libro in brossura
editore: Adelphi
anno edizione: 2021
pagine: 291
Il nome Rumelia non compare sulle mappe, e lo cerchereste invano sui vostri GPS: indica una regione che corrisponde grosso modo a quella parte della Grecia che va dal Bosforo all’Adriatico e dalla Macedonia al golfo di Corinto. Quando Patrick Leigh Fermor la esplora, negli anni Cinquanta, un banchetto nuziale dei nomadi della Tracia era ancora misterioso come una cerimonia inuit, e sì, i monasteri delle Meteore spuntavano dalle nuvole «come avamposti in una landa polare». Poi certo è arrivato il turismo, «la più pericolosa invasione dai tempi di Serse», e oggi le Meteore si raggiungono in superstrada. Ma la Grecia che Patrick Leigh Fermor ha saputo evocare, con la sua commistione inconfondibile di etnografia e intrattenimento, sopravvive intatta nei suoi libri – uno dei pochi viaggi che valga ancora la pena di fare.
Tempo di regali. A piedi fino a Costantinopoli da Hoek Van Holland al medio Danubio
di Patrick Leigh Fermor
Libro: Copertina morbida
editore: Adelphi
anno edizione: 2017
pagine: 356
Munito solo di uno zaino da alpinista, un vecchio cappotto militare, scarponi chiodati, l'"Oxford Book of English Verse" e un passaporto nuovo di zecca che gli attribuisce la professione di studente (anziché, come avrebbe auspicato, quella di vagabondo), nel dicembre del 1933 Patrick Leigh Fermor abbandona Londra e una carriera scolastica sciagurata e ribalda. Ha appena diciotto anni, vaghe ambizioni letterarie, ma un progetto nitido e grandioso: attraversare l'Europa a piedi e raggiungere Costantinopoli. Quando vi arriva, il 1° gennaio 1935, è ormai un altro: non solo si è lasciato per sempre alle spalle disastri e misfatti, ma ha sviluppato una rara forma di nomadismo e l'arte, ancora più rara, di trasmetterlo agli altri. Che contempli lo splendore barocco dello Schloss Bruchsal o le nodose mani dei contadini fra cipolle tagliate, caraffe sbeccate e pane integrale; che dorma in un fienile steso come un crociato sulla tomba o nel "capanno da caccia" del barone Pips Schey a Kòvecses; che percorra il Reno su una colonna di chiatte che trasportano cemento o attraversi Vienna offrendosi come ritrattista a domicilio; tutto ci appare il dettaglio di un fantasmagorico affresco, tutto sembra ricomporsi in un gigantesco puzzle dove risorge il passato dell'Europa. E insieme scopriremo qui il modello ancora fragrante di quel modo di viaggiare (e di vivere) che sarà un giorno identificato con la fisionomia di un giovane amico di Leight Fermor: Bruce Chatwin.
La strada interrotta
di Patrick Leigh Fermor
Libro
editore: Adelphi
anno edizione: 2015
pagine: 365
Alla fine del 1933 il diciottenne Leigh Fermor lasciò l'Inghilterra con uno zaino, un vecchio cappotto militare, due libri di poesia, una sterlina alla settimana da ritirare al fermoposta e l'inflessibile proposito di raggiungere a piedi Costantinopoli. Grazie alla sua curiosità onnivora e alla precisione visuale della scrittura, quell'impresa, raccontata a distanza di oltre quarant'anni in "Tempo di regali" (1977) e "Fra i boschi e l'acqua" (1986), è ormai parte del canone della letteratura di viaggio; ma la narrazione si arresta fra i gorghi delle Porte di Ferro, e Leigh Fermor, morto nel giugno 2011 all'età di 96 anni, non è mai riuscito a pubblicare l'ultimo volume della progettata trilogia. L'hanno fatto per lui, fortunatamente, Colin Thubron e Artemis Cooper, i suoi esecutori letterari: e leggendo di palazzi aristocratici, nottate all'addiaccio e migrazioni di cicogne, esperimenti con l'hashish, chiese bizantine ed eruzioni di ferocia nazionalista non potremo che riconoscere l'inconfondibile voce di Leigh Fermor e la sua capacità di assorbire qualsiasi cosa infondendole profondità storica - e conservando intatto il debordante entusiasmo dei diciotto anni.
Fra i boschi e l'acqua
di Patrick Leigh Fermor
Libro: Copertina morbida
editore: Adelphi
anno edizione: 2013
pagine: 290
Nel 1934 Patrick Leigh Fermor ha diciannove anni, e già da alcuni mesi si è lasciato alle spalle l'Inghilterra e un curriculum scolastico scellerato con il fermo proposito di raggiungere a piedi Costantinopoli, vivendo "come un pellegrino o un palmiere, un chierico vagante", dormendo nei fossi e nei pagliai e familiarizzando solo con i suoi simili. "Fra i boschi e l'acqua" è il racconto della seconda parte di quel viaggio, e prende avvio dal punto esatto in cui era terminato "Tempo di regali": il ponte di Maria Valeria, al confine tra Cecoslovacchia e Ungheria, che di lì a dieci anni sarà minato dai tedeschi in ritirata e mai più ricostruito fino al nuovo millennio. Ma i mille chilometri successivi - dalla Grande Pianura ungherese, lungo il corso del Tibisco e del Maros e attraverso la Transilvania, fino alle Porte di Ferro, dove collidono i Carpazi e i Balcani - aprono una parentesi idilliaca e precaria nel secolo più violento della storia: il ritmo del viaggio rallenta, il passo si fa più pigro, la percezione del tempo svanisce, come in "un felice e gradito incantesimo". Leigh Fermor racconta incontri con cervi e boscaioli, ritrae manieri isolati e villaggi di montagna, fienagioni e favolose biblioteche, rievoca notti passate sotto le stelle e amori estivi, riferisce leggende di spiriti, fate e lupi mannari e conversazioni con un'aristocrazia votata all'estinzione.
Tempo di regali. A piedi fino a Costantinopoli da Hoek Van Holland al medio Danubio
di Patrick Leigh Fermor
Libro: Copertina morbida
editore: Adelphi
anno edizione: 2009
pagine: 356
Munito solo di uno zaino da alpinista, un vecchio cappotto militare, scarponi chiodati, l'"Oxford Book of English Verse" e un passaporto nuovo di zecca che gli attribuisce la professione di studente (anziché, come avrebbe auspicato, quella di vagabondo), nel dicembre del 1933 Patrick Leigh Fermor abbandona Londra e una carriera scolastica sciagurata e ribalda. Ha appena diciotto anni, vaghe ambizioni letterarie, ma un progetto nitido e grandioso: attraversare l'Europa a piedi e raggiungere Costantinopoli. Quando vi arriva, il 1° gennaio 1935, è ormai un altro: non solo si è lasciato per sempre alle spalle disastri e misfatti, ma ha sviluppato una rara forma di nomadismo e l'arte, ancora più rara, di trasmetterlo agli altri. Che contempli lo splendore barocco dello Schloss Bruchsal o le nodose mani dei contadini fra cipolle tagliate, caraffe sbeccate e pane integrale; che dorma in un fienile steso come un crociato sulla tomba o nel "capanno da caccia" del barone Pips Schey a Kòvecses; che percorra il Reno su una colonna di chiatte che trasportano cemento o attraversi Vienna offrendosi come ritrattista a domicilio; tutto ci appare il dettaglio di un fantasmagorico affresco, tutto sembra ricomporsi in un gigantesco puzzle dove risorge il passato dell'Europa. E insieme scopriremo qui il modello ancora fragrante di quel modo di viaggiare (e di vivere) che sarà un giorno identificato con la fisionomia di un giovane amico di Leight Fermor: Bruce Chatwin.
Mani. Viaggi nel Peloponneso
di Patrick Leigh Fermor
Libro: Copertina morbida
editore: Adelphi
anno edizione: 2004
pagine: 394
Fin dal 1933, quando si è lanciato in una traversata a piedi dell'Europa, Patrick Fermor è un'approssimazione all'archetipo del viaggiatore. "Mani" è il nome dell'ultima propaggine del Peloponneso, che si distacca dal resto della Grecia per la sua storia di terra inaccessibile e per la sua natura di terra aspra e allucinatoria. Quasi sempre a piedi, e per anni, ha percorso la regione descrivendone i paesaggi fascinosi, facendone rivivere storie, leggende e personaggi, definendo un modo di viaggiare non solo nello spazio, ma anche nel tempo. Che entri in una torre costruita per respingere gli attacchi dei saraceni, che racconti delle icone custodite nei monasteri riesce a trasmettere quello che ha visto e sentito dalla prospettiva del nomade.