Collocato tra “Segno e immagine” (1960) e “Teoria generale della critica” (1974), “Le due vie”, uscito nel 1966, fa parte del grande trittico che attraversa la fase finale dell’estetica brandiana e che affronta la necessità di dare risposta ai nuovi interrogativi posti all’intelligenza filosofica e storico-critica dai frammentati sviluppi della ricerca artistica. Il perno del libro ruota attorno all’incrocio tra due elementi − appunto le due vie − nello stesso tempo complementari e incompatibili: l’“astanza”, cioè l’opera d’arte come pura presenza, e la “semiosi”, cioè l’opera d’arte come segno che rinvia ad altro da sé. Da tale impostazione discende l’atteggiamento dell’autore verso gli ultimi esiti delle arti contemporanee: né di ripulsa né di indifferenziata approvazione, piuttosto di sobria indagine teorica. Un’indagine che non poteva non confrontarsi con la semiotica, la “scienza dei segni” di cui Brandi − con la sorvegliata incompletezza della sua adesione − rivela in anticipo le eccessive e in gran parte mancate promesse. Nel capitolo “Lo spettatore integrato”, oltre a stilare una disamina storico-epocale dello “spirito del tempo” che contiene pagine di sorprendente preveggenza, Brandi − in una sorta di teoria della ricezione ante litteram − precorre i motivi salienti di quella che oggi chiameremmo “estetica relazionale”, attualmente al centro del dibattito critico e delle pratiche artistiche odierne. “Le due vie” è una delle fonti a cui risalgono gli interrogativi che oggi si pone chi continua a pensare che l’arte valga ancora la pena di essere pensata. Con un testo inedito di Roland Barthes e uno scritto di Umberto Eco.
Le due vie
titolo | Le due vie |
Autore | Cesare Brandi |
Argomento | Arti, cinema e spettacolo Arti: argomenti d'interesse generale |
Collana | I fari |
Editore | La nave di Teseo |
Formato |
![]() |
Pagine | 372 |
Pubblicazione | 06/2023 |
ISBN | 9788834614471 |
|
€20,00
Reperibile
Scegli
La libreria di fiducia
Inserisci la città o il CAP della zona in cui risiedi